venerdì 15 settembre 2023

Il mio nome è NESSUNO. (ovvero del PD e della perenne ricerca di Identità)

Se è pur vero che di mesi ne sono passati non troppi, come detto, sembra già che si pensi al dopo Schlein, una volta che il Pd si farà prendere a sberle alle Europee. La Meloni è tutt'altro che irresistibile, però tutto sommato si barcamena, riesce ancora a parlare al paese e seppur con retromarce, mugugni e silenzi, riesce tenere un rapporto non fasullo con l'UE. Certo ci saranno fibrillazioni anche da quella parte in campagna elettorale, ma di qua mi sa di più. Il perché è presto detto. Nella valutazione della piattaforma congressuale avevo detto che quella della Schlein era indefinibile ed elusiva su molti temi. Anche su quello dell'identità, che per la compagna Elly è un vagheggiare di sinistra radical ecologista movimentista progressista. Insomma di tutto un po', con riferimenti culturali pop, nostalgie berlingueriane (legittime) e infatuazioni per Corbyn e per la Ocasio Cortez. Ma il problema dell'identità nel PD non è secondario, tutt'altro. Come ricorda bene il Professor Pasquino nell'intervista che riporto sotto. E' il motivo per cui ho sostenuto Bonaccini, che invece aveva affermato chiaramente la necessità di un PD convintamente Laburista e Social-Democratico.

Il Partito Riformista di massa del Lingotto doveva essere la linea culturale da seguire, ma l'esasperata frammentazione interna, legata più a logiche di potere ha negato un dibattito culturale che favorisse la nascita di un substrato comune riformista pluralista, anzi troppo spesso si sono seguite sirene giustizial-populiste, favorendo il campo avverso, la nascita dei grillini, la riduzione del perimetro culturale ed elettorale. Questo lo si deve anche, come ricorda Pasquino, al non aver ammesso tra le proprie radici, il riformismo socialista, cui molto si deve al progresso culturale e sociale della sinistra in questo paese.

E qui ricordo bene un discorso del compagno Giovanni Crema, ai tempi dello SDI, quando ricordava che quella formazione aveva lo scopo di costruire un soggetto riformista plurale e di massa, dedicammo un congresso alla "casa dei riformisti" e pur tra errori, limiti, difficoltà, contrasti con quelli che sarebbero dovuti essere alleati e compagni di strada, si lavorò sempre per un Ulivo plurale, riformista, anche con qualche soddisfazione.

Che errore chiudere quell'esperienza per rifondare il PSI, ora mi è chiarissimo purtroppo, siamo passati da un soggetto che comunque aveva uno scopo proiettato al futuro, senza rinnegare le proprie origini, anzi difendendole in un momento storico dove l'antisocialismo era fortissimo e cercando di dare rappresentanza a tutta l'eredità storico culturale socialista e socialdemocratica, laica di questo paese, che ancora ai primi anni '90 rappresentava il 25-30% dell'elettorato, seppur divisa in più organizzazioni, ad uno nostalgico, con la testa rivolta al passato, privo di identità politica oltre i richiami alle glorie che furono, scarsa autonomia e pochissima inventiva programmatico culturale.

Parimenti, lasciar morire "la Rosa nel Pugno" fu uno sbaglio, certo i matrimoni si fanno in due, ma il concetto di un soggetto Liberal-Socialista forte e plurale era giustissimo e sarebbe stato un bell'argine alle sbandate demagogiche e giustizialiste di buona parte del centrosinistra di questi anni, i cui effetti si pagano (non è per eccesso di riformismo che il PD è andato consumandosi, ma per le lotte di potere e le contraddizioni ideologiche e le infatuazioni per inconcludenti vie "di sinistra"), anche qui forse, la storia sarebbe stata diversa se, sempre il compagno Crema avesse vinto la sua battaglia parlamentare per l'attribuzione dei seggi senatori alla RnP, probabilmente il progetto avrebbe tenuto e superato le difficoltà iniziali, ma fu colpevolmente lasciato solo, dalla maggioranza parlamentare di allora, che non aveva interesse a una corretta attribuzione dei seggi, così come i cosidetti alleati di centro sinistra che la RnP la vivevano come una spina, e diciamolo anche tra parte dello SDI e dei Radicali cui non dispiaceva che Pannella e Intini restassero fuori e che già meditavano come spartirsi strapuntini.

Al compagno Crema va da atto di aver combattuto 5 anni. In splendida sostanziale solitudine.

Ed oggi la crisi culturale del PD si manifesta agli estremi, con la compagna Elly che appunto abbandona completamente l'idea del riformismo veltroniano per posizionarsi su una piattaforma, non ben definita, ma che rende possibile l'accordo con i 5S. I quali in realtà faranno l'accordo solo se saranno loro a dare le carte. E giustamente l'on. Giaretta, riflette su come una radicalizzazione in tal senso del PD sia un estremo favore alla non invicibile armada meloniana. E questo processo passa per la ripetizioni di antichi errori, già visti con Renzi - cui si deve il merito di aver tentato di dare gambe all'idea di partito riformista a vocazione maggioritaria (e di esserci anche riuscito per una fase) - ossia quella di una forte autoreferenzialità dei gruppi dirigenti, di una incapacità di trasformare il dibattito interno da uno scontro a fuoco a   un processo di elaborazione culturale e organizzativo come è stato per buona parte della prima repubblica. Anche con Elly, si preferisce inasprire il confronto, oppure evitarlo, valorizzare solo i consenzienti e favorire l'uscita dei non allineati, anche quando portatori di sana critica costruttiva, non sapendo distinguere tra il fuoco amico e l'onesta dialettica. Ma questo indebolisce le prospettive politiche e genera processi di arretramento, come anche qui, ben rileva il citato on. Giaretta.

Ed il fatto che io non abbia altro posto per esprimere questi concetti, che qui, sostanzialmente a me stesso, la dice abbastanza lunga sullo stato del dibattito politico nel centro sinistra.


Il Giornale

"I dem in crisi: non hanno più identità politica"

Storia di Francesco Curridori

«Molti sono entrati nel Pd solo per ragioni legate all'esperienza personale o per la carriera politica che avevano già fatto, ma senza sapere bene cosa volessero e senza elaborare mai alcunché». Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza politica nell'Università di Bologna, commenta così l'uscita di alcuni dirigenti dal Pd.

La Schlein ha ragione quando sostiene che chi ha lasciato il Pd aveva sbagliato indirizzo quando vi è entrato?

«Il Pd ha un problema di fondo: non ha una cultura politica e, quindi, quelli che entrano portano con sé dei frammenti di cultura, ma non c'è una ricomposizione e, appena vedono qualcosa che non piace, se ne vanno affermando che il partito è cambiato. Ma cambiato rispetto a cosa? Al Pd precedente? No, rispetto alla loro idea di Pd nel quale sono entrati».

Ma l'idea originaria del Pd qual era?

«L'idea originaria del Pd non era molto ben congegnata. Era quella di mettere insieme le grandi culture politiche riformiste del Paese, a cominciare dalla cultura politica cattolico-democratica e dalla cultura politica comunista che, secondo me, aveva aspetti riformisti. Includeva anche la debole cultura ambientalista, ma dimenticava completamente la cultura socialista. Era un'idea inadeguata, ma soprattutto queste culture arrivavano all'incontro esauste. Mancava un ideologo, ad eccezione di Pietro Scoppola. Importanti ideologi socialisti, invece, vennero messi da parte».

Il Dna del Pd attuale, comunque, non è più quello del Pd delle origini?

«La valutazione migliore la diede D'Alema: fu un amalgama mal riuscita che nessuno ha mai cercato di rimettere insieme. Attualmente non si sa bene cosa sia il Pd e, quindi, qualcuno può dire: la mia idea era questa, non è più così e me ne vado'. Lasciare il partito è sempre un errore perché lo si indebolisce e non ci si rafforza. La Schlein sta cercando di cambiarlo, ma ho l'impressione che neanche lei sappia esattamente cosa vorrebbe fare».

Il Pd, quindi, non ha mai avuto un'identità propria?

«Sì, penso questo. Credo, però, che potrebbe averla perché c'è uno spazio politico per i riformisti, ma non ci sono riformisti dentro il Pd. Servirebbe un partito europeista che vuol dire avere una visione internazionale, una visione ambientalista e di rispetto delle regole. Dove sono gli europeisti? La Schlein ha alle spalle un'esperienza europea che dovrebbe valorizzare, ma vedo che non lo fa».

martedì 12 settembre 2023

Santa Maria GENTILONI

E' di questi giorni lo scontro tra il Governo Meloni e Gentiloni, commissario europeo giudicato ora, dopo un periodo di luna di miele, non abbastanza patriota da aiutare il proprio Paese. Che non si capisce se il Paese vada aiutato sempre e comunque anche se chiede cose che non sono spettanti, o eque, oppure se non si ha la possibilità di far nulla. E' più probabile che si debba in realtà iniziare a sparare sul commissario Gentiloni per giustificare alcune delle difficoltà di risultato del Governo per poter avere una scusa da giocare nella prossima campagna elettorale per le europee. Della serie, lisciamo il pelo all'elettorato euroscettico, ma senza far innervosire l'UE, che così matrigna non è, visto che finora col PNRR siamo quello a cui ha dato MOLTO di più. Allora ce la prendiamo col nostro commissario, che però è della fazione opposta e quindi giocherebbe sporco. A dare una mano quelli che nel PD vedono già Gentiloni per l'inevitabile dopo Schlein dando per prossima l'ennesima sberla democratica, fornendo così argomenti per la sua delegittimazione. Peccato che Gentiloni sia persona seria. Come ci ricorda l'Huffington Post di cui riporto un articolo. 

Se fosse stato il frontman del centrosx nel 2018 forse la prestazione elettorale sarebbe stata meno deludente (e lì sbagliò Renzi che non seppe lasciare chiaramente il campo all'allora Presidente del Consiglio, che veniva deriso perché troppo flebile, quando con passo felpato stava tenendo la barra e guadagnando consenso). 

Per altro trovo errato ipotizzare un Gentiloni segretario del PD perché:

- sarebbe ora che i segretari fossero gente che decide di fare il segretario di testa sua, non a pochi mesi dal voto, ma facendo un percorso NEL partito sufficiente ad averne contezza della situazione e ad elaborare una linea di indirizzo a lungo periodo:

- Gentiloni sarebbe una buona carta per il Quirinale del dopo Mattarella. Se giocata bene. O comunque sempre una risorsa di alto profilo in ambito europeo.


Da Huffington Post

Su Gentiloni memoria corta?

Storia di Lanfranco Fanti 

Memoria corta, strumentalizzazione politica o ancor più amaramente perle ai ...? Attaccare Paolo Gentiloni rientra necessariamente in uno di questi tre schemi. O forse in tutti e tre insieme. Sono molto naif e provo a dare un piccolo contributo per chi avesse solo problemi di memoria corta. Dunque, di chi stiamo parlando? Di quel Commissario europeo per l'economia che ha lanciato il programma SURE grazie al quale l'Italia (maggiore beneficiario) ha ricevuto quasi 30 miliardi di prestiti per mobilitare risorse per preservare l'occupazione a rischio a causa della crisi provocata dal Covid? Di quello che proprio durante quella terribile emergenza ha bloccato il patto di stabilita' e che ora sta lavorando per riformarlo e consentire a paesi come l'Italia di non dissanguarsi dietro a parametri rigidi tra deficit e debito? Oppure di quello che ha sospeso le regole su aiuti di Stato e concorrenza per dare ossigeno alle nostre imprese? Ma anche di quello che ha portato al Belpaese 191 miliardi di Euro (ancora una volta Italia maggiore beneficiario europeo) in risorse attraverso il Piano di Ripresa e Resilienza? O quello che si è fatto da tramite per attivare il Fondo di Solidarietà europeo a favore degli alluvionati in Romagna e che ha acconsentito all'esclusione delle spese straordinarie del governo per far fronte all’alluvione nel conteggio del deficit? Sì stiamo parlando di lui. Di una delle figure più autorevoli, influenti e ascoltate in Europa. E soprattutto, insieme al nostro Presidente Mattarella, di un uomo delle Istituzioni. Che le difende, le rappresenta e le promuove. E che non a caso non vuole partecipare a polemiche che danneggino l`Italia. È una vergogna attaccarlo. Un'occasione persa i timidi, scarni e impersonali tentativi di difese d`ufficio. Una grande opportunità sarebbe invece valorizzarne oltre che la persona, il lavoro, l'impegno e l'esperienza.

giovedì 31 agosto 2023

L'Unità ed altre illusioni

Mio malgrado devo ammettere che mi trovo sostanzialmente d'accordo con quello che scrive Macioce sul Giornale. Che le feste del PD continuino a chiamarsi dell'Unità, quando non c'è alcune legame col rifondato giornale, che non è organo del partito, è semplicemente sintomo delle contraddizioni del Partito. Che mi paiono parossistiche ormai. Scrivo qui, perché come sempre, non saprei dove poter manifestare questo mio pensiero, visto che "nel" partito non si discute e non ci si riunisce, le adunate ci sono solo al convegno di turno a sentire i "dirigenti" che non si capisce dove abbiano elaborato le lor asserzioni, visto che la "base" non dibatte, se non in insopportabili ed autoreferenziali chat, gli iscritti servono solo per volantinaggio e appunto per "servizio" alle feste. Si badi attività nobilissime, che ho fatto per anni, ma che dovrebbero essere, a mio avviso, complementari all'impegno di un iscritto ad un partito, assieme al dibattito, alla formazione, all'elaborazione, alla propaganda. Così non è. 

So che qualche amico e compagno Democrats potrebbe aversene a male di questo mio contestare la denominazione delle feste di partito, specie quelli di ascendenza PDS, ma bisogna ammettere che l'Unità era il giornale del PC, come l'Avanti! del PSI. Finite quelle due storie, finiti i giornali. Per entrambi le continue riesumazioni delle due testate sono solo nostalgie, che talvolta sfoggiano nell'oltraggio (non trovo oltraggiosa l'operazione di Sansonetti sull'Unità, solo inopportuna. L'Unità non ha senso senza il PCI, non si può farne l'ennesimo giornale d'opinione di Sinistra).

Per questo penso che le feste del PD andrebbero ridenominate, così come il PD stesso forse, anzi forse sarebbe ora di fare qualche azione più profonda di una mera ribrandizzazione.  


Il NON luogo chiamato festa dell'Unità

di Vittorio Macioce - il Giornale

    Sembra solo un fastidioso caso di omonimia. L'unità non è l'unità. È un equivoco, un inghippo, un veto, un contenzioso, un non riconoscimento, una festa senza identità, un giornale rinnegato. Elly Schlein quel quotidiano non lo vuole neppure vedere. Per lei è un falso. È così che per tutta l'estate l'Unità è stata messa al bando da tutte le feste dell'Unità. È roba reietta. Quel foglio ha un direttore come Piero Sansonetti, un vecchio rifondarolo ormai apostata con il peccato per nulla veniale di fare del garantismo una bandiera. Questa è un'antipatia epidermica, ma c'è un contrasto molto più profondo. È quella con l'editore Alfredo Romeo, uno che l'anima giacobina del partito sospetta di aver messo le mani sulla città, ma soprattutto così poco allineato da aver messo l'altro quotidiano, il Riformista, nelle mani ingombranti di Matteo Renzi. Matteo, l'arcinemico, quello che ha portato il Pd al 40 per cento e poi con la scusa di rottamarlo lo ha privato di ogni nostalgia. È quello in fondo il suo reato più grande. Solo che senza Renzi una come Elly Schlein non sarebbe mai diventata segretaria della ditta. Elly non lo sa ma lei esiste perché prima c'è stato Matteo. Non lo ammetterà mai e per questo vuole cancellare ogni traccia.

    Ora è vero che il Pd è da troppo tempo il partito deluso e disilluso, solo che in questa estate degli equivoci si sta davvero incartando sulle proprie origini. Perché la festa del Pd si chiama dell'unità? È, a pensarci bene, la cicatrice di una svolta che forse a livello culturale non c'è mai stata. Il Pd non ha più nulla del Pci. Non ne ha la ragione sociale e neppure la forza popolare. Quello che resta è una patina ideologica senza radici. La Festa dell'Unità, quella vera, nasce in Lombardia, a Mariano Comense e Lentate sul Seveso, il 2 settembre 1945. La guerra è finita da pochi mesi. L'idea è una «grande scampagnata», come si legge nel primo manifesto, per finanziare il quotidiano di partito. I primi ospiti sono Giorgio Amendola, Luigi Longo, Emilio Sereni e Giancarlo Pajetta. Ci sono le bandiere rosse e la falce e martello. Questa estate a Reggio Emilia le bandiere erano tutte rosa, in onore di Barbie. Il Pd poi è un mezzosangue, nasce come mutazione di ciò che restava della Dc e del Pci. È la versione globalista dei fantasmi dei due grandi partiti popolari italiani. È, di fatto, un non luogo. A questo punto conviene archiviare la festa dell'Unità e rispolverare quella democristiana dell'Amicizia. Il senso sarebbe lo stesso.

martedì 22 agosto 2023

il granchio populista

Il granchio blu è il tormentone dell'estate 2023, come la siccità lo era nel '22 (lo sarebbe anche quest'anno, ma una diversa distribuzione delle piogge e l'alluvione dell'Emilia ha dato l'impressione che il problema non sia più così urgente, sebbene lo sia ancora e per davvero, solo desta meno attenzione mediatica... per ora), ed anche questo è un vero flagello, vorace, aggressivo, invasivo, prolifico, sta facendo strage della fauna locale, particolarmente di molluschi vari, mettendo in crisi diversi comparti del settore ittico e della mitilicultura, non che interi ecosistemi. Il problema è particolarmente serio nelle aree umide come la Laguna di Venezia  ed il Delta del Po dove il crostaceo sembra aver trovato l'habitat ideale, ma da più parti ormai delle coste italiane si segnala la problematica. A dire il vero qualcuno aveva lanciato l'allarme già un paio di anni fa, ma non era stato granché preso in considerazione. 
Ora la situazione è drammatica, con pescatori che tornano carichi di granchi e mitili rischiano di sparire, in particolare la cozza nostrana, il Mytilus galloprovincialis, che si avvia a fare la fine della vongola verace (la Tapes decussatus - quella volta fu a causa nostra, in favore della più ghiotta T. filippinarum - oggi preda del granchio). Mondo ambientalista, categorie della pesca e studiosi preoccupati. Il dibattito mediatico è, però, come spesso accade in questo paese surreale. Qual é la risposta della politica? "Magnemosei" - mangiamoceli. Se non ha predatori, diventiamo noi il loro predatore, che in questo campo non siamo secondi a nessuno. Abbiamo così visto Zaia portarsi un granchio blu in conferenza stampa, il ministro Lollobrigida fare un comizio, mentre ne lessa un po' e poi la solita schiera di cuochi, che ormai appaiono ovunque e sempre (diversamente dai virologi che almeno sono stagionali o solo pandemici) e su qualsiasi argomento, per spiegarci come cuocerli al meglio o se si debbano o meno considerarli degni del titolo di eccellenza italiana. 
Poi ci sono le richieste di soldi, ristori per i pescatori, fondi per il contrasto alla specie, tutto in un susseguirsi di dichiarazioni più o meno grossolane, più o meno demenziali e di banalizzazioni e semplificazioni disarmanti.
It's populism baby! Risposte semplici e frettolose a problemi complessi, perché prima parte la bocca e poi il cervello. Perché è alla pancia, stavolta letteralmente, che dobbiamo rendere conto.
Ed invece il tema è complicato e richiede razionalità. I granchi blu sono nelle nostre acque da decenni, ma sono sempre stati marginalissimi. Perché da un paio d'anni hanno cominciato a diventare sempre più numerosi fino all'esplosione di quest'anno? Cosa è cambiato negli ecosistemi marini? Ecco cosa si dovrebbe capire. C'entra il cambiamento climatico? C'entra qualche fenomeno locale? Vi è stata una variazione delle correnti marine? C'entra la pesca? L'esaurimento di altri stock ittici? E sopratutto come la si affronta? Anche qui i media ci mettono la loro a fare confusione... è bastato vedere un ibis sacro (che per la cronaca è un altro mezzo invasore che sta iniziando a stanziarsi qui - come mai?) mangiarne uno, ed ecco che si è subito trovato l'antagonista al pernicioso crostaceo. Semplificazioni pericolose. Serve capire come riportare sottocontrollo la popolazione del granchio blu e cosa ne abbia provocato l'esplosione e per farlo si devono investire risorse in ricerche - SERIE - non per fare spot e poi ripensare davvero il rapporto anche con le attività di pesca, soprattutto in prospettiva futura. Adesso c'è bisogno di serietà.
Bisogna far comprendere che il tema è complicato e non c'è bacchetta magica, capire che nel Mediterraneo stanno avvenendo cambiamenti repentini, che richiedono piani di intervento coordinati, quindi, altro che sovranismi, localismi e compagnia bella, mai come ora necessita la collaborazione tra soggetti e categorie diverse in un contesto razionale, supportato da adeguate conoscenze tecniche e scientifiche. Altro che populismo.

E per la cronaca, ai fans del "magnemosei", mi permetto di ricordare che i granchi blu, fanno parte phylum Arthropoda, in particolare subphylum Crustacea. Sono primi cugini del subphylum Hexapoda, quello degli insetti. Giusto per ricordare un'altra campagna demenziale dei populisti di qualche mese fa, che in quel caso era "magnevei".

lunedì 26 giugno 2023

HO MANIFESTATO

Oggi (24 giugno) ho fatto qualcosa che non facevo da tempo, e l'ho fatto con la mia famiglia. Ho manifestato a Padova, in solidarietà con le famiglie che si sono viste impugnare la registrazione allo stato civile, operata dal Comune negli ultimi 6 anni di coppie coniugate di  sole donne. Impugnazione fatta dalla Procura della Repubblica. In tal modo, da un punto di vista legale, il genitore NON biologico, non è più, dinnanzi alla legge, genitore di quel bambino, tanto per capirci, per poterlo andare a prendere a scuola dovrà essere delegato, oppure non può più assisterlo in ospedale se servisse, e così via. Sostanzialmente quella famiglia, cessa di esistere per la legge. 33 famiglie si ritrovano di nuovo nel disconoscimento legale. A prescindere da come uno la pensi su coppie gay, maternità surrogata (per altro in questo caso nemmeno riguardante) e via dicendo, QUESTA decisione non aiuta ad affrontare la questione del diritto di famiglia, di fronte alle evoluzioni della società, ma la complica e, soprattutto, genera disagio a dei bambini, che già devono quotidianamente affrontare il pregiudizio di qualcuno. Ci sono andato anche con i miei figli. Troppo presto o troppo complicato? Mio papà mi portava alle riunioni di sezione del PSI a 7 anni, alle prime manifestazioni a 10. Devi capire la complessità delle questioni. Che i diritti non te li regalano, che la partecipazione è un dovere, diceva. Ai miei figli non ha fatto male anzi. La società è complicata, e devono imparare presto a riconoscere le prevaricazioni. Abbiamo manifestato per il diritto di esistere di quelle famiglie, per il diritto alla serenità di quei bambini. 

Ho manifestato con la convinzione che le famiglie arcobaleno non sono una minaccia o un oltraggio per la nostra, non la sminuiscono, non la privano di nulla, sono un'altra famiglia con le sue dinamiche e la sua vita, come la nostra. Per me, la genitorialità non è un diritto, ma nemmeno un dovere e soprattutto un privilegio, ma un'assunzione di responsabilità verso la vita ed il futuro. E per ciò va tutelata, e va garantito che i figli possano vivere nel rispetto, l'affetto la serenità.

E va preso atto che la società è, ormai, più avanti di certe impostazioni, che nel mondo, negli stati attorno a noi le cosi dette famiglie arcobaleno sono un dato di fatto, assodato, e contribuiscono attivamente al progresso dei loro paesi. Qui in Italia invece si vuole siano oggetto di scontro. Si preferiscono norme proibitive o volutamente mal scritte in modo da poter alimentare disagio da un lato, timore dall'altro, per mero fine propagandistico alla fine. A costo di contrastare l'evidenza.  E si va volontariamente confusione, proprio a tal scopo. Per esempio tirando in ballo la maternità surrogata. Peccato che nel caso in questione parliamo di bambini nati "tradizionalmente", non solo, ci sarebbe da dire, anche, che, a prescindere da come la si pensi, che sono molte più le coppie etero a ricorrervi che non quelle omo. 

Personalmente io ho molti dubbi sulla pratica, penso però, che che sulla questione in questo caso, si debba arrivare ad una posizione per lo meno europea, senza le derive penalistiche che alcune fazioni italiane suggeriscono, poiché penso che questo tipo di posizioni siano sempre l'anticamera di altre contrazioni degli spazi democratici. Dobbiamo, come europei, addivenire a norme condivise precise, che soprattutto evitino mercificazioni umane, lesione di dignità personale e disparità di censo, come si hanno, per esempio, nel caso delle adozioni, altra questione complessa e delicata nel campo della genitorialità e del diritto di famiglia.

Tornando, però, al punto in questione, ho ritenuto necessario essere a Padova a dare la mia solidarietà alle decine di famiglie che la Procura con la sua decisione ha gettato nell'angoscia. Famiglie che si sono sentite schiacciate perché minoranza in quanto arcobaleno, e minoranza nella minoranza LGBT, come ha ricordato una delle mamme coinvolte. Ci sono dei figli a cui lo Stato ha mostrato il suo volto truce e burocratico. Non si sa come mai, proprio ora, forse per mostrarsi allineato all'attuale stagione di Potere. Potere che necessita sempre di qualcuno da indicare come oggetto di problema al resto dell'opinione pubblica, per mantenere sempre alto il livello di tensione, per rinfocolare il vetusto, ma sempre efficace, "divide et impera" e tenere il popolo sempre su di giri, così si ragiona meno e si segue chi urla di più.

Indicare un "nemico" funziona sempre, purtroppo anche il così detto "campo progressista" non sfugge spesso a questo gioco, alimentando una logica perversa e un circolo vizioso, che oggi, purtroppo, si sfoga contro delle semplici famiglie. 

E' di fatto, la mera trasposizione, alla fine di ogni infingimento, della primitiva dottrina che "la Ragione è del più forte". Per tutto quello che mi è stato insegnato dai miei genitori, è impensabile che  possa sottrarmi all'opporvisi. 

martedì 20 giugno 2023

DIREZIONE PD del 19 giugno. Tra Palco e Realtà.

 E' andata in scena ieri la Direzione nazionale del PD. Monologo della segretaria a cui seguirà direzione di replica... Boh, onestamente preferivo il vecchio sistema in cui poi si discuteva la relazione... ciò detto, dico due parole qui, a me stesso sostanzialmente, visto che il video non ammette commenti e non esistono luoghi dove discuterne, visto che i circoli, o almeno il mio, disquisiscono al massimo su whatsapp, quanto va bene (sono iscritto da 8 mesi, non ho mai avuto il piacere di partecipare a una riunione di circolo). La segretaria, tra diverse citazioni musicali contemporanee, cerca di spiegare il senso del suo agire e tracciare le linee della mobilitazione, da qui alle europee.

Rapidamente alcuni concetti: 

  • attacchi a Renzi... anche basta, segretaria, lei deve la sua prima candidatura/elezione proprio all'innominato, quando contesta il fuoco amico, si ricordi quello subito da lui, quando contesta le sue scelte ricordi che sono state votate a larghissima maggioranza dal partito (fa specie che ci siano un sacco di smemorati o pusillanimi che non rivendichino ciò), Renzi ha sicuramente sciupato un gran capitale politico, in primis per non aver saputo creare condivisione, ma certo ha avuto -ed ha - grandi intuizioni - proporzionate all'ego - detto questo non si può continuamente evocarlo ad usum interno. Aumenta solo le acredini nel campo di centro sinistra e fa si che il clima resti sempre avvelenato.
  • apertura nuovi circoli... forse  è meglio prima manutentare l'esistente e aprire circoli nei luoghi di lavoro, mi pare un po' avveniristico, credo manchi completamente il senso di cosa siano le aziende oggi, cosa voglia dire aprire un sezione interna e soprattutto, se si vuole farlo nelle fabbriche, forse converrebbe fare ammenda delle troppo pulsioni antiindustriali che alimentano il suo "nuovo corso".
  • infine, qualche slogan in meno e qualche direttiva più chiara, non basta richiamarsi a valori o ideali del passato, servono elaborazioni nuove, non basta gridare al lupo della destra, ma capire il perché della sua maggior sintonia col paese, non serve un velleitario ottimismo, ma prendere atto della natura delle paure e ritrosie di questo paese e affrontarle con pazienza e trasparenza, senza vuote formule.
  • PSE pensare che le europee andranno bene perché si ambisce ad essere la prima o seconda componente del PSE è come dire che si gareggia giusto per arrivare tra i primi dieci. Il PSE rischia di essere marginale nel prossimo parlamento, se non elabora una sua puntuale e concreta piattaforma politica e soprattutto non trova un intesa forte con ALDE e PPE, che rischiano, particolarmente quest'ultimo di variare sensibilmente le proprie linee di indirizzo da qui ai prossimi 5 anni, se anziché in un contesto di dialogo costruttivo, si preferisce fin da subito gridare alla mutazione genetica.
So bene che questo mio contributo è "flatus vocis", ma siccome credo nell'impegno politico e dal 2018 cerco con grande frustrazione di trovare un luogo di partecipazione alla discussione alla riorganizzazione del cosidetto centro sinistra,  ho detto la mia, almeno a futura memoria.




giovedì 27 aprile 2023

Se la Green Economy diventa elitaria...

Non sempre sembra chiaro al mondo ambientalista ed ai governi che fanno scelte "green" la necessità che queste abbiano sufficiente socializzazione e condivisione da parte dell'opinione pubblica e più in generale del corpo sociale. Troppo spesso queste politiche sono fatte con improvvise sterzate e accelerazioni, magari accompagnate da campagne mediatiche piuttosto enfatiche

Come diceva Pertini, parlando dell'importanza di coniugare la difesa della Libertà alla Giustizia Sociale, di che Libertà volete parli un uomo che non ha di che sfamarsi? Sarà libero di bestemmiare tutta al più. Si rischia lo stesso con la transizione ecologica. Cosa volete freghi della transizione energetica, della lotta al cambiamento climatico, della decarbonizzazione dell'economia e della sostenibilità ambientale a chi si trova in ristrettezze pesanti, subisce il caro energia, perde l'impiego, si trova fuori dal mercato del lavoro, per gli effetti che le politiche necessarie a conseguire questi obbiettivi, spesso hanno nell'immediato o nel medio periodo, specie verso le fasce sociali più deboli? Sarà pro green economy? O troverà comprensione proprio in quei movimenti che campano sul malcontento e, sposando spesso teorie negazioniste ed in ogni caso antiscientiste, finirà per essere motore di opposizione a questa revisione del nostro modello di sviluppo, nonostante questa sia necessaria? 

Pensiamo si possa fare la svolta verde a spese delle aree sociali e geografiche del mondo più deboli? Pensiamo che ci sarà entusiasmo in quei settori, che spesso sono quelli più "labour intensive" (ossia a più elevato fabbisogno occupazionale), come l'industria dell'automobile e la siderurgia , che nella transizione, specie nella versione a tappe forzate che si sta imponendo nella UE ci sarà supporto? O ci sarà da quelli che potrebbero trovarsi ad avere un auto che non può circolare nella maggior parte della rete viabilistica e che risulterà invendibile tra qualche anno? Una recente serie di studi dimostra che ampie fasce sociali guardano alla conversione ecologica non con entusiasmo, ma forte preoccupazione, trovandosi già oggi in difficoltà sociale. Questi gruppi ritenete possano essere sensibili ad una retorica iperentusiasta sulla green economy? O saranno forse più propensi a discorsi populisti, para negazionisti e sostanzialmente protezionisti? La Sinistra deve porsi il tema, se alla fine non vuol davvero rappresentare solo le fasce economicamente benestanti, ma progressivamente minoritarie e spesso imbelli. 

E ampliando lo sguardo alla geopolitica, da un punto di vista internazionale il socialismo europeo, l'UE in senso lato deve anche porsi il tema nel lungo periodo di come cambieranno talune situazioni socioeconomiche in paesi oggi stabili, o comunque non in fibrillazione le cui economie si reggono essenzialmente sulla vendita di idrocarburi. Intere aree geografiche potrebbero scivolare dall'opulenza alla miseria, non tutti i paesi "del petrolio e affini" sta affrontando con lungimiranza la questione. Alcuni sì, ma molti preferiscono ancora lucrare al massimo. Potrebbero diventare domani aree di forte instabilità per conflitti, migrazioni, contribuendo a mantenere agitato lo scenario globale della comunità internazionale. Dove magari l'occidente non sarà più il dominus e quindi potremmo avere a che fare con nuovi paradigmi di governo.

Insomma per quelle forze che dichiarano di volere un progresso equo, sostenibile e condiviso bisogna iniziare ad avere più consapevolezza della situazione, porsi il problema di dialogare con chi rischia di essere travolto dalla transizione ed approcciarsi con meno retorica.





Il mio nome è NESSUNO. (ovvero del PD e della perenne ricerca di Identità)

Se è pur vero che di mesi ne sono passati non troppi, come detto, sembra già che si pensi al dopo Schlein, una volta che il Pd si farà prend...